domenica 27 febbraio 2011

I FILM CHE AVREI VISTO VOLENTIERI AL CINEMA. (SE MI CI AVESSERO INVITATO)

(Sì, è sempre l'ottimo STEFANO a tenere questa rubrica; è riuscito persino a farmi venire voglia di vedere il film di Virzì)

I FILM CHE AVREI VISTO VOLENTIERI AL CINEMA.
(SE MI CI AVESSERO INVITATO)


“Ci facebookiamo?”: THE SOCIAL NETWORK – USA 2010, 121’. Regia di David Fincher.
Un genio, un computer, un pacco di soldi in arrivo, il successo, il mondo che hai cambiato, l’uomo solo che sei restato. Hai fatto lo stronzo con la tua ragazza, e ti ritrovi a fissare la sua fotina tempo dopo al termine di una causa in cui per te ormai i milioni di dollari sono noccioline ma al fondo di una sola persona ti importa, e non è lì con te; hai messo in piedi un sistema in cui tutti sono in contatto con tutti (gratis) ma quello fondamentale te lo sei giocato (a caro prezzo). In certi momenti può aiutare avere una chitarra elettrica scollegata a portata di mano, così ci strimpelli sopra i tuoi strazi senza rompere troppo agli eventuali altri. Comunque è un gran bel film, bastano già i primi dieci minuti: dialogo tiratissimo fra l’insopportabile Zuckerberg e la sua ragazza, poi discesa malinconica con il rientro nel proprio alloggio attraverso le luci della città di sera con la musica (addirittura la cosa migliore del film) di Trent Reznor e Atticus Ross. È la storia di come è nato Facebook, il modo strabiliante con cui il giovanissimo Mark Zuckerberg mette in piedi il tutto (mentre lo vedi capita che ti senti un genio anche tu al punto che ti frughi nelle tasche per vedere se sbuca fuori l’algoritmo che mancava), le cause legali e la rottura con il suo migliore amico. Voto: viene voglia di rivederlo, vado.


“Mamma, ma perché siamo così infelici?”: LA PRIMA COSA BELLA – ITALIA 2010, 116’. Regia di Paolo Virzì. Alle due protagoniste non si resiste, Micaela Ramazzotti e Stefania Sandrelli nella parte di Anna Michelucci, giovane svampita che “intrampola” di continuo e “gradisce un gocciolino” e malata terminale come non la diresti, che in fin di vita si concede un altro matrimonio. Non si resiste neanche a Valerio Mastandrea, che entra in scena beccandosi una pallonata al parco e che vaga di continuo in cerca di farmaci legali per colmare un vuoto, “ma si faccia un bel bagno al mare!”. Giusto. Il racconto alterna i momenti del passato, la giovane mamma che fa impazzire gli uomini, scappando di continuo con i due figli appresso, e la donna ormai morente in cura in una Hospice d’eccellenza (musicoterapia inclusa) che si concede un’ultima giornata con il figliolo che torna a trovarla e la porta al luna-park a farsi un ballo e a mangiare lo zucchero filato. Bella anche la parte della crescita di Bruno, il figlio maschio, alle prese con gli sguardi e le insinuazioni dei compagni stronzi sulla madre, la “prima volta” con la ragazza di un altro prendendosi una rivincita  e un pestaggio (meno male che c’è il punk), e la morte del padre, prima della fuga dalla famiglia e da Livorno. E non ho detto nulla di Claudia Pandolfi. Voto: deh, l’è proprio un film bellino!

giovedì 24 febbraio 2011

SETTECERVELLI, ovvero IL RITORNO: reload

Molto, moltissimo tempo fa, avevo iniziato a disegnare per Carta Straccia, una fanzine molto bella di Roma/Pescara (mai capito bene) un fumetto che avevo nel cassetto da molto tempo (e che, nelle prime intenzioni, doveva disegnare l'RR di Achab!). Dopo i primi tre numeri però io mi sono perso e non sono riuscito a disegnarne più.
Durante le vacanze di Natale (queste), finalmente mi ci sono rimesso e ho deciso di portarlo avanti, e di provare a finirlo, ché mi dava fastidio averlo mollato a metà.
Avevo anche pensato di scrivere a quelli di Carta Straccia e dire loro che avevo ripreso a disegnarlo, così, giusto per il gusto di farmi insultare un po' (uno non scompare un anno e mezzo così alla cazzo senza aspettarsi di essere poi insultato quando si rifa presente).
Una settimana prima di mandare la famosa mail per essere insultato, però, Carta Straccia ha chiuso, o meglio è andata in letargo e si sta trasformando, e io ho perso anche l'occasione di farmi maltrattare.
Insomma, tutto questo è per dire che Settecervelli l'ho ripreso e che vorrei portarlo avanti: per adesso, quindi, ricomincerò la pubblicazione su queste pagine, a un ritmo di un episodio ogni 7-10 giorni.
Ricomincio la settimana prossima, ma intanto, ecco le prime tre puntate, che non me le ricordavo neanche io.




mercoledì 23 febbraio 2011

(restando più o meno sul personale /24)


(cliccate sull'immagine per ingrandirla)

Ultimo episodio in versione "veloce": il prossimo sarà più elaborato (ho trovato una mezz'oretta di tempo per mettermi a disegnare ...)
Le leggende urbane sul viagra mi hanno dato da pensare: come si utilizzerà? tritato? piantando le compresse nel terreno? boh.

lunedì 21 febbraio 2011

I film che passano a notte fonda e che finisci per vederli di notte lo stesso pure se li hai registrati

(sempre a cura dell'ottimo Stefano)


“sempre denaro, maledetto denaro!”: UNA LETTERA ALL’ALBA – Italia 1948, 91’ bianco e nero. Regia di Giorgio Bianchi. È un film elegante, la cocaina per esempio viene sempre detta “quella roba” e non si vede mai, immagino vista l’epoca. Gli spacciatori sono una signora molto ricca dall’accento strano che vive in un bell’appartamento e un ragazzo dall’aspetto curato cui la madre (che muore all’inizio del film ) non ha mai detto chi fosse suo padre. Il ragazzo finirà accusato di omicidio e il padre (senza però rivelarsi) riuscirà ad aiutarlo e a rimetterlo sulla retta via. Belli e pesanti i commenti musicali, quando le inquadrature sono fisse partono gli archi tutti assieme e ogni volta sembra la scena madre conclusiva del film, solo che si continua e ci vuole pazienza a vederlo tutto. Voto: in effetti potevo anche non vederlo.




“soldi, far soldi senza lavorare, son tutti soldi maledetti!”: SENZA PIETÀ – Italia 1948, 94’ bianco e nero. Regia di Alberto Lattuada. Una giovane donna perde il proprio figlio e arriva in una Livorno povera, dominata dai militari Americani e dai trafficanti locali. Sarà introdotta alla prostituzione e cercherà di fuggire assieme al suo nuovo fratello Jerry, un soldato afroamericano così buono da capire di non essere amato e non ostante ciò pronto a tutto per lei. È un film che risente del tempo passato eppure ha dei momenti memorabili: una scena al porto dove Angela, la protagonista ( Carla Del Poggio, struggente nella sua desolazione ) si getta nel mare perché ha capito a cosa andrà incontro; il tentativo di fuga dal carcere militare di Jerry ( c’era finito incastrato dai contrabbandieri ), con il faro del carcere a squarciare la notte e i colpi di mitra ad inseguire il fuggitivo oltre il filo spinato. Finirà male quasi per tutti, l’unica a salvarsi sarà l’amica di Angela, Marcella ( Giulietta Masina ), che per un milione di lire salperà su una barca a remi per imbarcarsi clandestinamente verso l’America. Voto: siamo dalle parti di Europa ’51.

“medicina è amore”: IO ACCUSO – Germania 1941, 120’ bianco e nero. Regia di Wolfgang Liebeneiner. La storia di una donna, Hanna, che improvvisamente si ammala di sclerosi multipla e della corsa contro la malattia di suo marito, Thomas, un ricercatore che proverà fino alla fine a trovare prima l’agente patogeno e poi la cura. Inutilmente. Fino ad assecondare il volere della moglie di morire prima che la malattia diventi troppo penosa per entrambi. La parte centrale del film è densa e commovente, ci sono le fasi della ricerca in laboratorio e i tormenti di un uomo che sa che sta lasciando da sola la propria moglie in un momento così difficile e però non può fare altrimenti. A tenerle compagnia sarà il loro amico d’infanzia e di studi, innamorato anch’egli di Hanna, che finirà prima per accusare Thomas di omicidio e poi per rivedere le proprie convinzioni. La scena della morte di Hanna è notevole, con il loro amico che suona un brano al pianoforte e i due amanti che si tengono vicini e si dicono le ultime parole, rese più leggere dalla morfina. Poi comincia la parte del processo, e il film perde di forza scenica. Verrà appurato che è stata la moglie a chiedere di morire, ma per la legge è ugualmente inammissibile un atto del genere seppure moralmente perdonabile. Il film diventa una sorta di discussione politica sul sistema legislativo e si conclude con il marito che rinuncia ad una scappatoia legale (la perizia non riesce a stabilire se la donna sia morta per la morfina o per la sclerosi multipla) per affermare la giustezza del proprio atto, senza che si sappia se verrà condannato o meno. Voto: interessante come documento.

sabato 19 febbraio 2011

Radiohead - The king of Limbs

Ogni tanto Il Post da delle soddisfazioni: c'è il nuovo disco dei Radiohead in streaming a questo indirizzo e a questo (quello a cui si rifà anche Il Post) anche un po' di micro pre-recensioni.
Il disco si dovrebbe poter già scaricare e comprare (come per In Rainbows) già.
Io lo sto ascoltando ora: è una roba corta (8 tracce, trentasette minuti) tanta elettronica e Yorke più sul genere Amnesiac che altro (benissimo). Appena me ne faccio un'idea, magari ci scrivo su. (ma pre-recensione su quel poco che ho ascoltato: meno facile e meno rocchenroll di In Rainbows, ma bello, mi pare) (Nessuna grande svolta, allo stesso tempo)

giovedì 17 febbraio 2011

(restando più o meno sul personale /23)

un mini episodio ispirato dai servizi sulla madonna di Medjugorie (si scrive così? non c'ho voglia di guardare su google ...) andati in onda sul programma cult "Mistero" (è necessario io inserisca i tag per segnalare il sarcasmo?).
Anche questo è disegnato alla cazzo in cinque minuti e su un supporto di fortuna: ma ben presto tornerò a cercare di perderci un po' più di tempo, promesso!

(the same old rock)





(giorni un po' presi, ma torno prima di quanto crediate)

martedì 15 febbraio 2011

La Posta del Cuore di Carolivia Invernizio


(ecco a voi la seconda missiva all'ottima Carolivia Invernizio - lascio a lei la parola direttamente, che se lo merita)



Cara carolivia,

ti scrivo per sottoporti un annoso problema personale che non riesco a superare.
Di carattere sono abbastanza peculiare e in amore non seguo le regole del corteggiamento classico
che in realtà non ho mai capito. Per farla breve, attacco. L'uomo, preso alla sprovvista ci sta pure,
magari coadiuvato dalla sbronza con cui l'aiuto a non accorgersi del fatto che lo sto per attaccare...
ma poi scappa, o peggio, non scappa  non mi prendendomi manco lontanamente in considerazione 
per una storia lunga con un paio di sentimenti nel mezzo.
Io nel frattempo, ovviamente, m' innamoro e devo pure fare la ragazza moderna che non si vuole impegnare. Eh sì, va bene...ovvio, certo!
Ci ho provato a stare buonina, ad aspettare... ma mi sembra una cosa infinita e resisto davvero poco.
Il problema è che sono convinta che dire ciò che si pensa subito risolva un sacco di grane emozionali...lei mi vuole, non mi vuole... io punto il bersaglio e mi dichiaro, seminando sconforto e paura.
Si seccano gli alberi, piangono i fiori, gli uccelli si suicidano e l'uomo in questione ha un paio di infarti mentre dichiaro amore all'universo intero.

Sono affetta da una timidezza cronica che esaspero con una tracotanza da sbruffona.
Mi chiedo, e ti chiedo, ma le altre ragazze come fanno?
E gli uomini in quanto tempo prendono una decisione?
Cioè, sono tempi biblici, come mi sembra di capire o magari, in un paio di mesi, che posso pensare di passare sedata, si muovono e fanno qualcosa?
Il mio metodo non funziona, questo è certo.
E anche vari amici/amanti mi hanno confermato il loro impasse
a rapportarsi con una donna che un po' gli ruba il ruolo di macho conquistador.
=_=
cosa posso fare? o meglio cosa non devo fare? o meglio fare e far finta di non fare?


cose care e care cose


brancolonelbuio79




La sorte:

Egli tremava come un fanciullo.
– Posso dunque sperare? – chiese con voce alterata.
(I misteri delle soffitte, III, 1)



Mia buona Brancolonelbuio79,
dinanzi alla questione che lei pone, temo che si invocherebbero invano quali numi tutelari persino Diotima, la sacerdotessa greca che iniziò Socrate ai misteri di Eros, e Diana, la dea (non a caso vergine) della caccia; per una volta, quindi, voglio deporre l’usuale riserbo e le parole fiorite per parlarle da donna a donna, in questo nostro privato e discreto diversorio.
Non mi stancherò mai di ripetere alle giovinette nella primavera della vita e delle esperienze amorose che i maschi possono reagire all’iniziativa femminile in tre modi, e tre modi soltanto (con possibilità, invero, di varie combinazioni in percentuale):
1.                  se sono fedeli all’archetipo dell’uomo cacciatore/conquistatore si sentono castrati, vedendo spuntato e anticipato il loro temibile stiletto malese; defraudati di quello che ritengono un inalienabile privilegio (la scelta, l’assalto e l’espugnazione finale della cittadella), si incattiviscono, reagiscono in modo infastidito, facendo della spasimante, seduta stante, una seccante molestatrice che li perseguita (oh, se solo sapessero cos’è davvero un corteggiamento sgradito...) e che con ogni probabilità fa lo stesso periodicamente con chi le capita a tiro.
2.                  se sono preda di complessi, insicurezze, rimuginii, sensi di inferiorità, fantasie perverse, istinti repressi, il sincero interesse loro dimostrato da una fanciulla li condurrà automaticamente a sottostimare quella deliziosa personcina che ha avuto il solo torto di non accorgersi di quanto essi siano manchevoli (processo psicologico sintetizzabile nell’inferenza: se io sono un essere mediocrissimo e te provi un’affinità elettiva nei miei confronti, ne consegue allora che anche te sei una creatura di limitato valore e io sono autorizzato ipso facto a disprezzarti e a cercar qualcosa di meglio; degno di nota il fatto che i medesimi personaggi dilemmatici non provano assolutamente la stessa impressione se sono stati loro a prescegliere la preda e ad evitare con somma accortezza – o così pensano – che ella si accorgesse delle pecche dell’amato).
3.                  se accolgono l’infatuazione di lei con compiaciuta sorpresa, sono sufficientemente sportivi e si sentono gratificati dall’attenzione ricevuta, allora possono ritenere ‘intelligente’ stare al gioco e accettare le avances della donna, senza però – è bene metterlo in chiaro – mai investire cuore, testa e speranze, senza riserve, in un rapporto di questo tipo (che è destinato a durare solo finché la donna e la liaison stessa sono ritenute – come dicono oggigiorno i giovinastri – ‘fighe’, e riverberano siffatta ‘figaggine’ sull’uomo).
Tutto ciò non è influenzato dall’educazione: il mondo è pieno di giovinotti cresciuti nelle migliori scuole, che frequentano la società più esclusiva e che si infarciscono il cerebello delle nozioni più all’avanguardia, e purtuttavia restano inviluppati fino alle orecchie nella bambagia dei propri capisaldi di genere. In questo meccanismo si annida inoltre la oscura consapevolezza, da parte degli uomini, che ciò che essi offrono alle donne (ossia: loro stessi) è qualcosa di fondamentalmente inadeguato, e che le donne, se davvero sapessero a cosa vanno incontro, fuggirebbero precipitosamente. Di qui la necessità di turlupinarle e assilarle (leggi: corteggiamento) finché non cedono. E in fondo il ricorrere agli stessi stratagemmati maschili (ad esempio, lei mi racconta, annebbiarne il raziocinio con bevande inebrianti) tradisce una condivisione di punti di vista sul significato reale del corteggiamento, dettati da timori e titubanze: agisco così per circuirti e indurti a cedere perché penso che se tu fossi sobrio non mi vorresti..., nonché una deplorevole adozione di una delle più mascalzone abitudini maschili, cui non dobbiamo assolutamente ridurci. Senza fare dell’odioso cinismo, è però sempre necessario salvaguardare la propria dignità, la propria autostima e la propria integrità psicologica e morale (e non ultimo la propria reputazione). Questo è un dovere di ogni donna verso se stessa. E in una relazione a due, si è quello che si appare agli occhi dell’altro, nei cui occhi ci specchiamo: e cioè, in definitiva, donne che si ‘propongono’ e si ‘danno’: etere, meretrici, zingare, circi, mendicanti, truffatrici, ammaliatrici, squilibrate, disperate, ninfomani... Pensarsi e sentirsi ‘diverse’ è solo un’illusione solitaria.
Il mio consiglio pertanto è: si trovi dei graziosi e valenti e piacevoli garzoni che rientrino nel caso 3) e se li tenga finché la riempiono di allegri baloccamenti e spensieratezze; quando però vedrà profilarsi all’orizzonte (e so che lo riconoscerà da lontano, visto il suo occhio da predatrice) quello che davvero le piace, mia cara Brancolonelbuio79, io la supplico da sorella, CONTI FINO A 100 e dia a quel poveretto l’illusione di esser stato un ardimentoso conquistatore. Allora sì che il nostro eroe trepiderà e sarà al colmo della felicità quando riceverà il suo timido ma appassionato assenso, come recita la nostra giudiziosissima Sorte.
Mi raccomando, si tenga per sé il suo piccolo segreto aritmetico per almeno qualche mese, prima di rivelarlo all’amato bene (che, vedrà, ci resterà malissimo). E si ricordi sempre che per essere felici, per vincere e perdere e ricominciare nelle schermaglie amorose, bisogna sapere con precisione a che gioco si sta giocando, rispettare le regole e comprendere (e accettare) anche l’avversario e la visione che lui ha di noi. Si può, certo, protestare che si sbaglia di grosso, che esistono altre alternative, proporgli di giocare a quel meraviglioso, divertentissimo ed eccitantissimo nuovo gioco che a noi sembra così naturale e invitante... con che risultati, temo di saperlo fin troppo bene.
Auguri della miglior fortuna,
Carolivia

domenica 13 febbraio 2011

I film che agli amici stretti non consigli: Kynodontas - Visitor Q

(NUOVA RUBRICA, tenuta dall'ottimo Stefano: Frogproduction inizia a diventare un contenitore ammodo, prima o poi dovrò sostituire l'header con me e il coccodrillo al guinzaglio con qualcosa di un po' più collettivo. Enjoy!!!)


“E dirò ai miei genitori, che mi hai chiesto di leccarti là sotto, sulla tua tastiera”:  Kynodontas (Dogtooth per l’estero ). Grecia 2009. Regia di Giorgios Lanthinos. 94’. Una famiglia messa bene a soldi che vive in una villa con ampi spazi verdi e una piscina. Tutto a posto tranne un’educazione particolare per i tre figli, un ragazzo e due ragazze. Questi non escono mai, non oltrepassano mai il cancello, e pare mai l’abbiano fatto. Il padre e la madre li hanno cresciuti mettendo in scena un mondo tutto per loro, gli cambiano i significati delle parole, gli organizzano dei giochi a punti il cui premio è scegliere cosa vedere in tv, cioè solo filmini fatti dalla famiglia stessa. Nel mondo dei figli i gatti sono mostri assassini che si nutrono di umani, quando passa un aereo in cielo la madre butta un modellino sul prato e quelli fanno la lotta per accaparrarselo. Fin qui le stranezze che ti fanno sorridere ( o spazientire ) davanti allo schermo. Il sesso: il padre paga un donna per il figlio, poi sarà una delle sorelle a dover prendere il posto della donna, tutto in maniera animale. La violenza: man mano si avverte una sorta di tensione, tutta questa follia da qualche parte dovrà sbucare fuori, condotta attraverso passaggi lentissimi e insignificanti, anche noiosi, minati da piccole azioni violente rese in maniera essenziale e veritiera. Violenza animale tra fratelli, violenza umana, il padre che picchia prima la donna che pagava per il figlio e poi una delle figlie, colpevole di aver visto dei film in videocassetta ( il mondo fuori è tabù ). Non so quali siano stati i punti di partenza o eventuali finalità riflessive, in rete si trovano recensioni più pertinenti; non penso che si possa partire da qui per parlare della famiglia o di altro, è un film come raramente se ne vedono, è fatto in maniera immagino impeccabile ( non sono un esperto ) per sembrare invece sbagliato, insopportabile, provocatorio, come non dovrebbe essere un film, ma come vorresti invece che a volte fossero i film; come questo. Voto: più di Funny Games o I pugni in tasca, se la gioca con Visitor Q.





“Uccello prematuro”: Visitor Q. Giappone 2001. 84’. Regia di Miike Takashi.
Dunque, mumble mumble, non si può raccontare. Dovrei dire che c’è una famiglia in cui il padre va con la figlia che si prostituisce per fare un documentario sugli adolescenti, la madre viene picchiata brutalmente dal figlio e a sua volta si prostituisce, in più si buca; poi succedono altre cose ai limiti dell’inverosimile, il teatro sesso-splatter che piace a Takashi Miike. È un gioco perverso fino alla fine, poi una fiaba acida e straniante (qualsiasi cosa voglia dire ). In Kynodontas avevamo una famiglia di plastica, sotto un sole abbacinante, tutti composti a dovere salvo improvvisi traumi. In Visitor Q la famiglia esplode minuto dopo minuto. La regia di Kynodontas è asettica, lucida, sembra di assistere a un esperimento. Visitor Q è un documentario nel documentario, il tono è grottesco, spinto, le scene paiono filmini amatoriali in sequenza. In entrambe le famiglie intervengono elementi esterni a provocare la rottura, ma la sensazione è che Lanthinos stia parlando d’altro, di natura umana forse, non lo so. Miike mi pare che abbia aggiunto sul finale due elementi poetici, almeno così riesco a dirlo, e in fondo descrive persone bisognose ognuno dell’altra. Le sue perversioni sono portate all’eccesso per fini stilistici, anche per cazzeggiare,  si può stare al gioco con più leggerezza. Kynodontas lascia attoniti e angosciati, Visitor Q termina con inaspettata dolcezza.

venerdì 11 febbraio 2011

(restando più o meno sul personale /21)

(cliccate sull'immagine per ingrandire)

La scoperta di MISTERO (orrido programma condotto da Raz Degan, con un ridicolissimo Daniele Bossari e Melissa P. nel ruolo dell'inviata "con una coscienza civica" e persino un po' scettica) è stata una delle rivelazioni degli ultimi giorni. Io pensavo che peggio di Giacobbo non si potesse fare, e invece qui si sta lottando per farcela: almeno quello si occupa di piramidi, questi insistono con servizi di mezz'ora su pinte di birra cadute per terra a causa di forze "evidentemente sovrannaturali" (notevolissimi gli "esperimenti" condotti da Bossari per "dimostrare" che non si è possibile una spiegazione scientifica). 

giovedì 10 febbraio 2011

Darth Vader vs Adolf Hitler



ok ok ok, è una stronzata, ma questa faccenda di Darth Vader contro Adolf Hitler mi ha fatto un sacco ridere (soprattutto la vocina di Hitler è bellissima, e la sua foto da bambino)
(per non parlare del riferimento al Dirty Sanchez, che da solo basterebbe a nobilitare tutto il brano!)

UPDATE: sostituito il video embedded con uno che funziona anche in Italia!

mercoledì 9 febbraio 2011

Sam Amidon - I see the sign

Sam Amidon è uno che fa folk, che lo fa sul serio, non scrivendo nulla ma solo riprendendo e riarrangiando (risccrivendo) grandi classici.
E lo fa benissimo, reinventando e rispettando allo stesso tempo le canzoni su cui lavora.
Ha il solo difetto di sembrare, spesso, un clone di Nick Drake (se vogliamo chiamarlo difetto: avercene, invece ...) e di fare canzoni che ascoltate sull'ipod, in metro o in giro per la città, perdono molto. Molto meglio a casa.

lunedì 7 febbraio 2011

(restando più o meno sul personale /20)


Con questo episodio, questo fumetto diventa ufficialmente* la serie disegnata più lunga mai pubblicata su queste pagine (nonché mai disegnata dal sottoscritto).

(* ufficiosamente lo era già, ma ora il sorpasso nei confronti di Achab! è incontrovertibile)

Recensire i Japan Suicide mi ha fatto venire in mente il modo in cui ho sempre svicolato dal dare un giudizio su alcuni gruppi formati da conoscenti e amici.

Mio Dio: Separati alla nascita


(Prima foto: Roberto Jonghi Lavarini - seconda e terza: Colin Meloy)

Ieri mi sono imbattuto nell'intervista a Roberto Jonghi Lavarini, alias il barone nero di Urnavas (no, non linko il blog di destrapermilano per principio) e, a parte le risate che quest'uomo continua a regalarmi, sono rimasto sconvolto dal suo essere assolutamente identico a Colin Meloy dei Decemberists.
Riuscirò a continuare ad ascoltare uno dei miei gruppi preferiti, dopo questa scoperta?

Comunque, Lombroso non capiva un cazzo, questa è uina dimostrazione lampante.

domenica 6 febbraio 2011

POST IT from ES! /2




(i post-it disegnati durante le riunioni come modo privilegiato per accedere all'inconscio, episodio 2)
(il secondo post it è comprensibile esclusivamente dai grottagliesi, ahimè)

venerdì 4 febbraio 2011

E ora chi lo dice a Sallusti?



Uno non fa neanche in tempo a dire che Berlusconi ha vinto e che una roba è diventata legge (non serviva prima che fosse firmata da quello lì che ha detto che irricevibile?) che subito gli danno queste delusioni.
Da domani probabilmente  sul Giornale partono le indiscrezioni su Napolitano: parleranno di quella volta che volevano espellerlo dal PCI perché scoperto a baciarsi con Assunta Almirante? O di quella volta che ha stretto al mano a Marrazzo e quindi è anche lui colluso coi trans? Che si inventerà il bravo direttore del Giornale per fare fronte a questo smacco?
Mamma mia, come vorrei essere a casa di Sallusti per vedere le facce che fa!

Japan Suicide "Mothra"

(Soddisfazioni da blogger di seconda fila: qualche tempo fa mi scrive uno sconosciuto (capita, di rado ma capita) e mi dice che ha letto alcune delle recensioni su queste pagine, soprattutto quelle a roba italiana - tutte abbastanza negative, facendo un check velocissimo - e che vorrebbe farmi ascoltare il gruppo di cui fa parte, di cui è appena uscito il disco. Posso ammettere d'esserne stato lusingato?)

(Il gruppo si chiama Japan Suicide, e se non fosse troppo tardi il mio primo consiglio sarebbe di cambiare nome. Ecco, probabilmente da ora in poi mi odieranno, e dire che mi stanno così simpatici, cazzo. Certe cose dovrei tenermele per me)
(il nome del disco, MOTHRA, invece, mi piace molto)
(Qui, il loro myspace - lo linko nonostante il mio odio per la piattaforma - e qui il link per comprare il disco su itunes)

Il problema più immediato riguardo alla recensione o segnalazione da fare di questo disco è stata la mia istantanea identificazione con il gruppo, favorita dalle note accluse ai loro testi e alla loro biografia.
Un recensore serio non si sarebbe fatto fregare.
Per un attimo mi sono ricordato di quando suonavo io. Chi di voi mi conosce o mi legge da abbastanza tempo sa che sono stato uno dei peggiori chitarristi che mai abbiano tentato di mettere su un gruppo musicale. E me lo ricordo benissimo com'è lottare con una canzone e con un suono che non ti esce come vorresti, che in testa è una roba e fuori è un'altra. E' una cosa che mi dimentico sempre, quando mi capitano in mano i dischi nuovi: li prendo come una cosa finita, aspettandomi che i loro autori ne siano entusiasti, siano convinti che è la roba migliore che potevano fare. E invece no: a volte le cose le butti giù, le scrivi, le disegni, per liberartene e per passare ad altro, o come allenamento per il disegno, la canzone, la roba che scriverai più avanti.

Comunque: le note accluse alle canzoni dei Japan Suicide, mi hanno tramesso - anzi - mi hanno ricordato di questa cosa, di come sia difficile trovare il proprio suono, il proprio modo: e la cosa buffa è che invece è evidente che il gruppo quel modo l'ha trovato o quasi, che ci si sta avvicinando a grandi passi.
Cioè, la prima cosa da dire è che io suonavo alla cazzo, e questi invece sono un gruppo. C'hanno una loro voce, ed è ben distinta. E buona pure.

Non in tutti i pezzi, e non per tutto il pezzo, magari; ma molte delle aperture e le code delle canzoni sono quasi sempre molto belle. Aiuta un suono che vivaddio non è compresso. E linee di chitarra e sintetizzatore giustamente intorno a quelle di basso (più o meno scheletro e centro del tutto).(un po' più di movimento dalle parti del batterista non sarebbe male: ma se ho capito bene è l'ultimo entrato nel gruppo, e forse è normale che si limiti a fare il suo mestiere senza strafare)
Cosa va: il suono, dicevo (uno che suona il sintetizzatore e non si crede Dio in terra e non riempie tutti gli spazi disponibili: dove l'avete trovato? tenetevelo stretto)
Il cantante va benissimo. Nelle note accluse al disco, lui stesso mi scrive (riferendosi al bassista) "quando scriviamo le canzoni lui ha già in mente il risultato e come dovrebbe suonare il pezzo, io ci metto l'essere fuori posto". A parte che è una frase magnifica (Stefano, vuoi tenere una rubrica su questo blog? dico sul serio), è esattamente il perché le loro canzoni funzionano, proprio perché si crea tensione tra la voce e la musica intorno (esempio classico senza ri-citare i Joy Division? i Soundgarden: per quanto male abbia fatto al mondo e alla musica Chris Cornell negli anni seguenti, si basavano tutti sul fatto che la voce di Cornell e i riff di Kim Thayil facessero a pugni fortissimo). Stefano non è che canti spessissimo: urla o declama, di solito, e va benissimo così, ma: 1) deve, per piacere, quando canta in inglese, imparare a mangiarsi le parole. Non si possono scandire una a una in quel modo lì, anche se la pronuncia è buona: l'inglese va impastato, anche pronunciando più alla cazzo, davvero.
Un'altra nota dolente (in parte): i testi: non so chi sia l'autore (non ho bene capito); ma ragazzi declamare va bene, ma vi viene meglio per immagini che per slogan (Cronaca nera funziona benissimo, White Rabbit Age pure, ma che so Bush Killer no, The Dub Ink no... dai, non si fa così: ). Davvero: per me potete dire anche LALALALA per tutto il tempo (anni che sogno un gruppo che abbia il coraggio di farlo, seguendo i Sigur Ros anche in ambito più rock), ma dato che siete capaci di scrivere per bene, fatelo sempre, no?

(Non ho ancora detto cosa fanno i Japan Suicide... (scusate, sono una sola con le definizioni dei generi musicali): dark/new wave, più o meno, con dentro un po' di Massimo Volume, forse. Molto Joy Division, un bel po' di Cure, sicuramente)

L'ESPERIMENTO MENTALE: ok, alla fine la domanda è, se il disco l'avessi comprato o più probabilmente scaricato perché qualcuno me l'aveva consigliato/ne avevo letto da qualche parte, cosa ne direi? Direi che ha delle aperture/passaggi e dei pezzi di canzoni bellissimi. Che non c'è una canzone che mi sembri sbagliata del tutto (per dire: The Dub Ink mi lascia un po' così: però c'è dentro un movimento che funziona molto bene**); ce ne sono una metà riuscite per intero (Cronaca nera, , Dear Delight, ...) e altre solo in alcuni passaggi (Bush killer mi piace molto poco, si è capito?). Che è un buon gruppo ma secondo me questo disco è per iniziare a suonare forte in giro e per sentirsi (non per essere: quello mi pare che lo siano già) un gruppo serio e non cinque amici che cazzeggiano in una sala prove. Che ho l'impressione che tra un po' faranno un altro disco con alcuni pezzi di questo rimaneggiati e della roba nuova, e che mi piacerà più di questo, che per adesso sto ascoltando anche piuttosto spesso (il prossimo disco lo scaricherò senza pietà, con ogni probabilità, sappiatelo, a meno che non suoniate a Milano e io lo compri al banchetto al concerto, unica forma di acquisto cd che mi sembri etica).
Voto? Devo dare proprio un voto? Tre pallini su cinque direi. 6.87, se fossi Pitchfork.
Insomma mi è piaciuto. Se suonano dalle vostre parti andateci, che meritano. E comprate il cd al banchetto, spilorci.

** Quando vivevo con il mio amico batterista BANNI, lui rideva sempre molto del fatto che definissi "ballabili" alcuni pezzi del suo tetragono gruppo post-rock. Non ha mai capito per bene cosa volessi dire: volevo dire che dentro avevano dei pezzi in cui ti veniva voglia di seguire le canzoni fisicamente. Ecco, ogni tanto anche i Japan Suicide hanno questa cosa. Non mi viene da dire niente di meglio da dire di un gruppo rock, prendetelo come il vero complimento di tutta la recensione

mercoledì 2 febbraio 2011

L'oroscopo di Cinzia - lunazione II

2011 LUNAZIONE II
Il cosiddetto “oroscopo del mese” non ha molto senso, dato che da un punto di vista astrologico l’anno si divide in cicli lunari o lunazioni. Questa rubrica dunque avrà cadenza orientativamente mensile e spunterà fuori ogni volta che il sole e la luna si stringeranno in un abbraccio, ovvero nel giorno della luna nera. (Sì... non ce l’ho fatta a scriverlo entro il primo febbraio; ma la fertile applicazione “trova una giustificazione a ritroso”, così tanto allenata in ambito accademico, mi aiuta spesso a capire il senso più profondo delle cose che faccio e a farle meglio :-))

Come si usa la luna?
Ogni ciclo lunare comincia con la luna nera e si divide principalmente in due fasi di uguale durata: la fase crescente (dalla luna nera alla luna piena) e la fase calante (dalla luna piena alla luna nera). Scusate la spiegazione da scuola primaria, ma voglio che abbiate questo concetto ben presente perché essere consapevoli della fase in cui ci troviamo è parecchio utile: possiamo intensificare gli effetti dei nostri pensieri e delle nostre azioni se agiamo in sintonia con essa. In sintesi, durante la fase crescente si prende e si ingrassa; durante la fase calante si dà e si dimagrisce. Durante la fase crescente il karma matura e riscuotiamo così i nostri premi. Preciso che a volte sembrano castighi, come ad esempio quando il capo ci dà un calcio nel culo oppure quando, rientrando a casa, troviamo nostra moglie a letto con i tre inquilini del piano di sopra e ci vien fatto di chiederci se per caso non abbiamo cannato le riunioni di condominio un po’ troppo spesso... Ma non sono castighi, sono sempre premi, ottenuti da noi medesimi agendo in un preciso modo e andando dietro a volontà profonde, non sempre conscie, come quella di cambiare lavoro, moglie, o di vedere gli inquilini del piano di sopra in déshabillé. Durante la fase calante, invece, seminiamo il nostro futuro e lavoriamo per costruirlo. Ogni lunazione ha caratteristiche diverse, date soprattutto dal segno in cui si forma la luna nera.

Luna nera in acquario: un colpo di vento per cambiare il mondo
Ad ogni luna nera si consumano le nozze del sole e della luna.
La luna – la regina – corre per raggiungere il re ed eclissarsi nel suo abbraccio.
Adesso l’amplesso si verifica nel segno dell’acquario e mentre entra in acquario la luna è nervosa, elettrizzata e tesa. Ha tanti progetti in mente e conta di potervi coinvolgere una moltitudine. Quando entra nella stanza del sole, lo trova in compagna di marte, il guerriero, che da qualche giorno sta accanto al re, e la scena è decisamente ambigua. Il sole e marte sono abbracciati e la luna dovrà entrare in questo promiscuo abbraccio.
Immaginate le sue emozioni: marte è giovane e molto sexy, ma anche irriverente e sfrontato; che cosa avrà suggerito al suo caro sposo, cosa staranno peparando questi due, in cosa stanno per coinvolgerla? La luna comprende che la ingravideranno entrambi e che partorirà poi dei figli scalmanati. La congiunzione di giove e urano sta quadrando venere, per cui la luna farà nascere degli amori avventati; saturno – il vecchio rompicoglioni – le suggerisce cautela e la invita alla lungimiranza ma urano, il ribelle smanioso dal senso pratico, in sestile a mercurio fa diventare i pensieri rapidissimi. Non c’è tempo per la cautela perché le occasioni saltano come grilli se non si è lesti e abili per afferrarle in tempo. Le comunicazioni elettroniche saranno protagoniste di questo momento: il mondo che verrà nascerà su internet (quidi vi trovate nel posto giusto al momento giusto...).
Si tratta, in sintesi, di una luna molto elettrica, della stessa natura del fulmine. Momento ideale per i colpi di testa (e per i colpi di coda). Idee geniali, incontri improvvisi e un po’ di tensione nervosa.

Cosa potrebbe accadere?
I nati sotto il segno dell’acquario saranno estremamente stimolati, con il rischio di diventare esplosivi. Potranno assistere all’incarnazione dei desideri sospirati nei dodici mesi precedenti ma dovranno anche darsi una regolata. Attenzione ai malanni stagionali: pericolo di febbri alte e di infiammazioni di ogni genere. Attenti a non giocare con i coltelli: siete pericolosi per voi stessi e per gli altri e in questi giorni sarà bene guidare con prudenza. Attenzione anche agli incidenti diplomatici: contate 01-02-03 prima di sbraitare perché quello che vi giocate adesso è la fatica di un anno intero. Ma, in generale, dovrebbe andarvi tutto bene: è il vostro momento :-)
I segni d’aria bilancia e gemelli possono adesso raccogliere non solo quello che hanno seminato nell’ultima fase calante, ma anche e soprattutto negli ultimi quattro mesi: o assisteranno al sorgere di novità desiderate oppure riusciranno a demolire realtà che non sono più adatte a loro. Data l’assistenza di saturno, il raccolto sarà importante e proporzionato all’impegno speso.
Chi rischia di prendere una batosta è il leone (che se ha fatto il suo bravo dovere di regnante leale non ha nemici e quindi non avrà nulla da temere) e le seconde decadi del toro e dello scorpione: attenzione perché potrebbe essere un momentaccio. Con questa luna, si raccomanda anche qui la massima cautela nella guida. Si richiede pazienza, molta pazienza. Se state programmando una rissa, molto meglio fissarla per il mese prossimo; ma se è tanto tempo che desiderate dire *vaffanculo* a qualcuno potete certamente usare questa luna: non c’è alcun rischio che l’interlocutore fraintenda il valore del vostro messaggio.
Anziché percorrere il destino dei singoli segni, preferisco proporvi di guardare con attenzione la scena collettiva, immaginando che il mondo sia una specie di banchetto. Gli affari ‘nostri’ sono sempre affari degli altri, e viceversa.
Durante la  festa, una finestra si splancherà e la sala sarà invasa da un colpo di vento, che soffierà sul fuoco del camino e ci sarà da stare attenti allora, per le scintille sollevate ma anche per il noto fatto che il vento agita i nervi. Alcuni acquario scatteranno come molle – dimenticando di avere attorno i loro molti commensali e quindi ci sarà un grande urtar di gomiti e un fragoroso cader di forchette. La folata spettinerà il leone che, inevitabilmente, si offenderà e diventerà infantile, perdendo dignità mentre la difende. Il toro si sentirà pungere nel vivo e reagirà infuriandosi; lo scorpione diventerà automaticamente pericoloso per se stesso e per gli altri.
Data la capacità di questa luna di ribaltare le situazioni esistenti, è facile capire chi la troverà molesta: le persone restie ai cambiamenti, che non sanno capire sulle prime che ogni cosa che muta è il manifestarsi di una nuova ricchezza espressiva.
Sotto l’influsso di questa luna converrà celebrare le capacità dell’acquario: l’inventiva, la diplomazia, l’originalità, la capacità di autoespressione. In questo modo si potrà collaborare con lei.
Nella fase di luna calante, poi, si potrà seminare per preparare gli eventi della luna nera in pesci.
Chi ha detto che sia un peccato rompere i piatti della nonna? Rompeteli, quei benedetti piatti, e poi sognate stoviglie mai viste, piatti d’oro con sopra la testa di giovanni battista, o un più sobrio risotto allo zafferano. Quello che volete, o anche quello che non volete. Il segno dei pesci è di mente molto aperta...


Per maggiori info, scrivete a cinzia.tozzini chiocciola gmail punto com
Pagamenti in biscotti, colferaggio e altri beni sono accettati con buona grazia.

The Decemberists - The King is Dead

Per l'uscita di questo nuovo disco i Decemberists hanno rilasciato un po' di dichiarazioni su "quanto sono difficili le cose facili" e "mamma mia, come è complicato scrivere una semplice canzone".
Facciamo finta di niente: sono le dichiarazioni che devono fare tutti i gruppi dopo aver provato a fare un disco ambizioso (nello specifico, quella specie di musical che era The Hazards of Love) e subito dopo ne registrano uno normale (magari perché quello ambizioso non gli era riuscito benissimo).
Di solito il disco "semplice" non viene molto bene, e uno si ritrova a rimpiangere quando almeno ci provavano, a fare qualcosa di complicato.
In questo caso, non è così: il disco è molto bello, in alcuni casi molto folk, in altri molto REM vecchia maniera (il chitarrista dei suddetti REM suona in un paio di pezzi, e si sente).
Dopo alcuni ascolti devo dire che sono molto contento dei nuovi pezzi di quel cretino di Colin Meloy, anche se mi mancano un po' le storie di pirati e di malfattori e di puttane e vedove che c'erano nei vecchi dischi, e spero che tornino nei prossimi.

Vi agevolo un po' di video, con versioni in studio e live, dall'audio non eccezionale ma con le meravigliose facce di Colin Meloy come bonus imprescindibile.







martedì 1 febbraio 2011

Alfonso Luigi Marra - Il Labirinto Femminile


E' un po' di tempo che mi riprometto di recensire i due libri di Alfonso Luigi Marra che ho letto in questi giorni (a volte - devo ammetterlo - con una certa fatica).
L'entusiasmo causato in me dagli spot era però troppo, e né la noia, né le metafore usate dal Marra sono riuscite a distogliermi dal mio intento recensorio.

Se devo essere onesto, devo dire anche che ho faticato non poco a trovare la chiave di lettura adatta ai suoi romanzi, e specialmente al Labirinto Femminile.
Ciononostante inizierò proprio da questo libro, perché La Storia di Giovanni e Margherita offre ben altre meraviglie da prendere in considerazione.

L'ipotesi di Malvino è che il Marra scriva l'intero romanzo per scagliarsi contro questa cosa assurda che le femmine non la danno liberamente (pretendono, se hai appena 30-35 anni più di loro e gli piaci molto poco, di essere mantenute, o sposate, o magari un appartamento a Milano 2) e soprattutto contro la cosa ancora più assurda che le femmine non la danno a LUI, Alfonso Luigi Marra, sommo scrittore e pensatore.
Lo strategismo - e il Maliardismo - alla cui analisi il Labirinto femminile è dedicato, consiste infatti in quello che negli spogliatoi maschili viene indicato come "farla annusare", strategia di cui il protagonista de Il Labirinto Femminile si dice continuamente vittima.

Anche ad una lettura più superficiale però, questo romanzo, come tutti i grandi classici, dimostra un livello di possibile interpretazione differente, e ben più originale.
E' infatti una terrificante storia di stalking: un vecchio avvocato arrapato tartassa di sms prolissi e inconcludenti (e di telefonate notturne) una sua dipendente, causandole indicibili mal di testa e mettendo fine alla decennale relazione di lei con il suo fidanzato. La povera dipendente risponde dapprima a monosillabi e poi, man mano che il vecchio porco si fa più insistente e i suoi messaggi più incomprensibili, arriva financo ad ammettere che proprio non riesce a capire di cosa lui stia parlando.


Lui intanto, in una spirale psicotica, continua a inviarle quattro tipi di messaggi, in schemi che ricalcano le possibili combinazioni di rime nei sonetti elisabettiani - fino a p. 80 - e le forme dei sillogismi aristotelici nella loro variante tomistica da pag. 81 in poi**.
Le quattro varianti sono:
1) sei dolcissima, ti amo. 
(nessun esempio, sono tutti tragicamente simili)


2) sei una stronza (i.e. non me la dai) ma ti amo

esempio:
Paolo 30.1.08, ore 9.15
Non devi costringermi a darti la caccia come una silvana
cerva, ma uscire dall’antiquato antro delle tue
sibillinità, scacciare le remore, inorgoglirti dei tuoi
sentimenti per me, e prendere tu le mie mani per porle
su te. Se non vuoi, dimmelo, e vedrai che troverò il
modo di non morirne. Lo sai che avevo, fin qui, sei
fidanzate e, benché sia pronto a dedicarmi a te, non
sono però intenzionato a rinunziare al mondo in cambio
di nulla.


3) basta non dobbiamo vederci mai più
esempio:

Paolo 27.1.08, ore 23.47
Non me ne hai dato nessun motivo? E a cosa devo attribuire
allora questo inspiegabile stallo? Visto che insisti
nel fingere di non capire, ti propongo una moratoria
di un anno nel quale tu potrai dedicarti al tentativo
di soffiare la vita nelle narici del tuo decennalmente
esanime fidanzamento, ed io a cercare una donna
che non abbia dubbi tra coloro che ‘dove li lasci là
li trovi’, e l’autore di La storia di Giovanni e Margherita.
Dopodiché, se falliremo entrambi, potremo eventualmente
decidere se ripiegare su un rapporto tra noi,
..giusto così, per consolarci l’un l’altro.
Luisa 27.1.08, ore 23. 50
..Ma vuoi capire che non so di che cavolo parli!?..

o ancora:

Paolo 26.12.07, ore 12.13
Sono giunto alla conclusione dell’opportunità di chiudere
questa vicenda, per cui non ti chiamerò più, e ti
sarei grato se non mi chiamassi più nemmeno tu. Il
motivo, perché so di doverti qualche spiegazione, è
che sono da sempre convinto dell’erroneità, in tutti i
campi, di coltivare progetti troppo incerti, troppo problematici,
o nei quali si dipenda troppo dalle scelte
altrui. Tutto resta ovviamente immutato nei nostri
rapporti di lavoro. Ciao


4) tu non sai chi sono io, in realtà sei innamoratissima di me, solo che hai paura di ammetterlo, spaventata dalla meravigliosità del mio essere e dagli appena 50 anni che ci separano.
esempi:

Paolo 15.2.08, ore 18.37
..Non me la sento di riaffrontare i tuoi no, il disagio di
dover studiare il momento buono per chiamarti ecc.
Sono tutti modi di sentirsi rifiutato che non riesco più
a superare con l’idea che «in realtà mi ami», che mi
sosteneva prima. So di non esserti indifferente, e so
persino, scusami per la franchezza, che lascerò in te
un segno profondo. Il fatto però che questo non abbia
la forza di muoverti, prima mi addolora, e poi mi fa
venire voglia di andarmene.
(mail del 02/04/2008 p.61)

Ma al di là di
queste cose, che potresti giudicare fantasie, e invece
in un modo o nell’altro, in tutto o in parte, si avvereranno,
e si stanno anzi già avverando, la vita non può
consistere nel rifiutare una relazione perché, tra quindici,
vent’anni, potrebbe diventare meno fruibile. Tanto
più che, per il momento, modestamente, sono in
grado di farti volare, sicché: dimmi tu che senso ha
preoccuparti che potrei non sapere più come farti volare
decorsi i prossimi quindici vent’anni, quando tu
non hai mai volato finora neanche un momento.[...]



Paolo 12.2.08, ore 22.15
Non farti confondere dal fatto che in altri campi so
sempre tutto:



Devastata da questa persecuzione telefonica, la sventurata ad un certo punto cede e sì, gliela dà. Subito se ne pente, però, somatizzando il suo cedere in una gravidanza isterica.
Nel resto del volume, si assiste al tentativo di Marra di rappresentare il progressivo cadere della giovine donna in una sorta di sindrome di Stoccolma; tentativo infruttuoso, va detto, poiché è evidente che il vecchio porco rimane un vecchio porco, e la povera scema e vittima rimane una povera scema e vittima (oltretutto: sempre piuttosto reticente ad andare a letto col protagonista maschile, cosa su cui il protagonista maschile suddetto giammai si interroga).
Bene, anche questa interpretazione è ERRATA (mi dispiace che ve la siate sorbita)
O meglio: non è errata, è solo PARZIALE, perché, come tutti i capolavori immortali degni di entrare nel canone occidentale - ma perché no: MONDIALE, no UNIVERSALE - il Labirinto Femminile non può ridursi ad appena due possibili interpretazioni ma ha bisogno - come minimo - di una terza, più di fondo.

La chiave interpretativa è contenuta, stupido io a non accorgermene subito, nelle poche righe che presentano il volume scritte sulla sua copertina, righe che - sbagliando - Malvino interpreta come segno di Hýbris: "Uno straordinario epistolario d’amore in sms tra Luisa, giovane avvocatessa, e Paolo, il titolare del grande studio legale in cui lavora, che ha il doppio dei suoi anni. Le pagine d’amore più belle mai scritte, ma anche un’analisi eccezionale affinché la coppia e la società superino lo strategismo e l’inciviltà sentimentale ed emotiva che oggi le soffoca”.


L'errore di Malvino è di pensare che le pagine  d'amore siano relative all'amore di Paolo e Luisa: falsissimo, non fosse che il contributo di Luisa consiste in brevissimi e ritrosi  sms (Luisa invia sms normali, da 160 caratteri circa, Paolo invia temi di 1000 carattere a botta e in un'occasione riesce a citare - se stesso, ovviamente - in un font differente via sms.  Evidentemente ha un cellulare differente da quello di noi altri esseri umani comuni) .
No, l'amore è tra Paolo e Marra, ovvero tra Marra e Marra, poiché fin dalle prime pagine è evidente - e Marra stesso lo ammette nell'esegesi all'epistolario - che Paolo è solo una summa delle esperienze di Alfonso Luigi Marra. 
Inoltre: fin da subito Paolo si riferisce a se stesso come l'autore de La storia di Giovanni e Margherita e di altri libri di Marra, quindi il giochino è insipientemente condotto fin dall'inizio e il personaggio di Paolo non diventa mai qualcosa di più del suo autore. 
 Ma chi è Marra? Sentiamolo dalle sue stesse parole (già citate da Malvino, ma come si fa a non riprenderle?): "A prescindere dall’essere abbiente, affermato e noto,  è diverso da chiunque: scrive cose senza precedenti in alcuna cultura; afferma, non per vanagloria, ma nel quadro di una vastissima operazione culturale rivolta a cambiare il mondo, di essere il più grande pensatore di tutti i tempi in un regime di sia pur riottoso e silente assenso: perché aggiunge molti altri argomenti che squassano i poteri dalle fondamenta senza che reagiscano minimamente. E, pur nella finta indifferenza generale, è circondato da una specialissima aura di riconoscimento” (pagg. 289-290). 
Lasciamo stare il fatto che Marra è palesemente affetto dalla sindrome Bellissima-Schietti**, come esemplificato in questo passo de La Storia di Giovanni e Margherita, in cui dipinge la reazione dei compaesani alla lettera di Giovanni (altra maschera di Marra) "Essi lessero tutti più volte la sua lettera, ma atterriti dai cambiamenti e dalle crisi che avrebbe loro provocato il dover aderire a quanto sosteneva risposero con un silenzio incredibile per tante persone insieme che pure quelle cose sapevano, ed al loro silenzio diedero il colore del disprezzo e dell'indifferenza astiosa" (pp.15-16); quello che è importante è che il Marra è terribilmente innamorato di se stesso: si fa continue dichiarazioni di stima, si da del genio, del grande amatore anche a sessant'anni, dell'onnisciente e del messia. Non solo: si fa scenate di gelosia, si reinterpreta (in più di un'occasione manda due messaggi consecutivi in cui dice cose diverse perché si è riletto e da quello che ha scritto ha capito cose nuove), si cita, ecc.
Sono pagine d'amore bellissime, quelle tra Marra e Marra (in cui la povera Luisa si confonde e si illude, pensando di essere l'oggetto del desiderio) tra le più belle pagine d'amore dedicate da qualcuno a se stesso: di solito uno taglia corto, e invece di dichiararsi così spesso innamorati di se stessi, uno preferisce, che so, farsi una sega. Ma forse Marra è troppo vecchio, adulto e saggio, per questo. Fosse stato un pò più giovane (cit.) lo straordinario epistolario l'avrebbe chiamato "L'Onanismo Maschile", e forse avrebbe avuto ancora più successo (senza contare la bellezza degli spot con la Arcuri e Mora, a quel punto).




* verificate pure
** La sindrome Bellissima-Schietti consiste nella doppia convinzione:
1) Sono un genio rivoluzionario, il più grande degli ultimi mille anni
2) Fanno finta di non considerarmi, ma in realtà i POTERI FORTI temono le mie rivelazioni, nel loro silenzio scorgo non il fatto che io dico cazzate, ma il loro TERRORE delle mie idee.